Frontepagina news
Frontepagina news
Travaglio: pensavamo fosse amore invece era un calesse
venerdì 11 gennaio 2013
di Claudia Svampa
Se questa mattina, insieme al caffé, é rimasto un gradevole retrogusto farsesco a ripercorrere le gesta di Silvio & Michele che ieri nell’arena si sgambettavano e si sbertucciavano come da scaletta televisiva, al contrario ci ha lasciati di stucco la disfatta di Travaglio in casa Santoro ad opera di Berlusconi.
E con l’amaro in bocca per tutti quelli che, come noi, pensavano fosse amore – o almeno odio, ma in distico elegiaco catulliano – invece era un calesse.
Marco Travaglio ha dedicato un’intera carriera giornalistica, a musicare quell’unico refrain “e vivrò, sì vivrò, tutto il giorno per vederti andar via” e poi inspiegabilmente ieri sera non ha cantato.
Vent’anni che, aspettava di incontrarlo, il suo Banana. Vent’anni che sognava questo talamo con Al Tappone. Vent’anni che fantasticava su un duet faccia a faccia con Bellachioma. E soprattutto sono vent’anni che ce lo vaticina, farcendoci di aspettative colossali.
Sicché vedere Travaglio senza erezione al cospetto del Cavaliere, dopo un ventennio di desiderio compulsivo e sbandierato, é un po’ come immaginare che il lettone di Putin, sotto intercettazione, sveli agli italiani che a Papi, in verità, la gnocca non é mai piaciuta.
L’eroe di ieri sera era nudo. E come un focoso amante troppo a lungo respinto é inciampato nella più comune e clamorosa delle cilecche: quella da ansia da prestazione. Per poi balbettare con piccata ironia: “se fossi un delinquente abituale lei mi avrebbe già fatto presidente del Senato”.
Va da se che tanta punzecchiante acrimonia detta a uno come il Patonza ha lo stesso potere pleonastico del “se fossi stata più meretrice mi avrebbe fatta ministra” piagnucolato da un’olgettina.
Cavalier Berlusconi, uomo “buono e giusto” come da epitaffio, ci consenta un suggerimento romantico e meno oneroso del mantenimento della sua ultima consorte: candidi Marco Travaglio nelle sue liste. Anzi, meglio, se lo coccoli un po’ al suo fianco, destro naturalmente. Sarebbe quanto meno risarcitorio dopo venti anni di serrata e onorata carriera in nome del suo monotematico marchio conclusasi nel triste epilogo di ieri sera.
Del resto con un camaleontismo montiano senza precedenti ci ritroveremo Mario Sechi, ormai ex-direttore del Tempo, a indossare il loden per salire in campo a braccetto del premier dimissionario. Vuole che gli italiani non si commuovano fino alle lacrime a vedere il vicedirettore de Il Fatto quotidiano, dopo un travagliato ventennio, scendere in campo finalmente in doppio petto Caraceni e a passo di pilates insieme a Sua Emittenza? E vedrà che di nuovo lo sentiremo intonare per lei: “tu dimmi quando, quando / ho bisogni di te almeno un’ora / per dirti che / ti odio ancora”.
(N.d.R. In conclusione e a margine di questo articolo mi sia permesso di copiare e sottoscrivere la dedica che le fece, anni or sono, Oriana Fallaci. “Signor Cavaliere, noi due non ci amiamo si sa. Ma il comportamento che quella gente tiene verso di lei è così incivile, così insopportabile, così ributtante quindi offensivo per la libertà e la democrazia, che a portarvi un benché minimo e involontario contributo mi vergognerei”) .
Vent’anni che, aspettava di incontrarlo, il suo Banana. Vent’anni che sognava questo talamo con Al Tappone. Vent’anni che fantasticava su un duet faccia a faccia con Bellachioma. E soprattutto sono vent’anni che ce lo vaticina, farcendoci di aspettative colossali.