Attentato alla scuola di Brindisi: i perché dietro ai forse
sabato 19 maggio 2012
di Claudia Svampa
A poche ore dall’attentato di Brindisi le ipotesi sui mandanti di una violenza tanto aberrante quanto inconcepibile - tale da aver scelto come target una scuola di adolescenti - si rincorrono sulla stampa e sul web sfiorando i più inverosimili scenari. Come quello della pista passionale. O peggio ancora: greca.
Di certo esiste solo lo strazio di una giornata costellate da un lutto angosciante che, fin dal primo momento, é apparso più come un lutto di un Paese e di una società intera che come quello di una regione, di una cittadina, di una scuola o di una famiglia.
E se tale é apparso fin da subito quel dolore sordo che ha fatto seguito allo scenario muto del piazzale antistante la scuola Morvillo-Falcone forse un perché già c’é.
Forse perché la criminalità organizzata, locale o nazionale, non ha alcun interesse a calamitare sul suo territorio fiumi di agenti, investigatori e forze dell’ordine in cerca di un nome da dare alla mostruosità ma col vantaggio investigativo di mettere il naso in altri ambiti di traffici nel territorio.
Forse perché la mafia, quella vera o quella ottenuta per talea sempre dalla stessa mala pianta, le vittime innocenti, le donne e i bambini le fa pure, ma quando nella logica mafiosa diventa strettamente necessario all’obiettivo principale. La mafia attacca lo Stato quando lo Stato intralcia la mafia e una scuola, una scolaresca di adolescenti non sono lo Stato e non sono d’intralcio. Neanche quando quella scuola porta il nome di Francesca Morvillo Falcone, che nell’attentato di Capaci non era target di Cosa Nostra, ma solo vittima collaterale.
Forse perché il delitto passionale non passa per la tentata strage, non usa bombe a trittico, non opera con l’esplosivo che, per sua natura garantisce la dirompenza degli effetti ma non ha la mira del cecchino.
Forse perché finanche l’attentato stile americano al college non é nelle modalità di quanto avvenuto a Brindisi. L’unica linea di congiunzione é il contesto scolastico, coincidenza sottile e alla quale manca l’arma da sempre impugnata e rivolta verso compagni e insegnanti dai killer liceali che nelle stragi al college sublimano la propria avversione alla struttura.
Forse allora non resta in piedi che la più torbida delle possibili ipotesi: quella dell’attentato neo-terroristico. Perché al terrorismo non importa chi, ma quanti. Più del dove conta il come. Le bombe sono il come del terrorismo. Le vittime innocenti, come le ragazzine sedicenni coi profili su facebook da sciacallare a uso dei media sono il quanto che risuona più forte del chi.
Eccolo il terrorismo che ritorna come una mareggiata, e riporta a galla nella memoria gli anni di piombo, anche se il piombo di allora é troppo pesante per tornare a galla oggi. Gli anni che viviamo non meritano neanche il nome di un metallo. O al massimo sono anni di zinco da inumare nel buio. E persi nella polvere.
Forse allora non resta in piedi che la più torbida delle possibili ipotesi: quella dell’attentato neo-terroristico. Perché al terrorismo non importa chi, ma quanti. Più del dove conta il come.