Robinson: se lo scontro é tra donne diventa scazzo da lavandaie
sabato 10 marzo 2012
di Claudia Svampa
Più che un esordio su Rai 3 la prima puntata di Robinson condotta da Luisella Costamagna si è rivelata un epitaffio. E non solo per l’affondo immediatamente impresso alla conduttrice, rea di aver attentato alla sacra mitologia che accompagna l’ex ministra più bella del mondo, ormai, a suo dire, relegata sugli scranni meno in vista e meno comodi di Montecitorio.
Ma soprattutto perchè, dalla stampa ufficiale alle recensioni ancora più autorevoli - quelle dell’ormai referenziatissimo universo twitter - tutti si sono affannati a descrivere il faccia a faccia fra le due donne nell’unica maniera in cui viene percepito uno scontro fra due persone di sesso femminile : rissa, battibecco, sfida o infelicemente sintetizzato da Dagospia come uno scazzo da lavandaie.
L’epitaffio è alla tanto sbandierata e mai consumata par conditio con i colleghi maschi, visto che, se non si indossa la cravatta ma il tacco 12, non viene concesso l’onore delle armi del confronto. Viene derubricato a puro scazzo, o al massimo avvenente scazzo.
La verità forse è un’altra. La verità è che non siamo capaci di ascoltarle le donne. Continuiamo solo a guardarle. Soprattutto se sono belle donne. O giovani. O comunque ancora in età da appetiti maschili.
Probabilmente lo scazzo da lavandaie conserva nella sua accezione quel senso di sottile effetto seduttivo che un irrinunciabile maschilismo culturale non può fare a meno di sfoderare.
Probabilmente non ci saranno mai abbastanza governi Monti o ministri Fornero in Italia per riuscire a compiere quel passo in più, quel passo che ci distanzia dal resto dell’Europa, per riuscire ad argomentare sulle donne senza pregiudizi atavici.
Il confronto Costamagna e Carfagna poteva essere letto in altro modo: magari sottolineando che pur formata alla scuola di Santoro la conduttrice, al saldo del suo maestro avrebbe dovuto sottrarre percentuali di irosa emotività e investire su massicce dosi di autoritarismo, pur sempre concesse a una padrona di casa.
Magari di Mara Carfagna si sarebbe potuto osservare che pur con un linguaggio da bignami dell’oratoria politica da seconda repubblica, ha comunque saputo tenere testa a domande incalzanti e scomode, certamente non concordate con la giornalista. Eccezione fatta, naturalmente per l’obnubilato ricordo dei contenuti della tesi di laurea dove fin anche le orsoline, con ricordi ben più datati e pensieri quotidiani assai più distanti dalle cose terrene, sono apparse sensibilmente più lucide.
Invece della Carfagna e della Costamagna si è parlato di uno scazzo da lavandaie. Che appiccicato addosso a loro, alla loro avvenenza, a quei due corpi femminili per i quali la testa, nel giudizio è solo un bel viso, diventano un match quasi erotico, da lottatrici immerse nel fango della critica dell’ennesimo usurato reality.
Comunque seducentemente avvinghiate e artigliate l’una accanto all’altra. Perché i vecchi retaggi sono duri a morire. Forse non moriranno mai del tutto.
E come amava affermare un infelice e tristemente granitico editore di un noto quotidiano in relazione alle giornaliste della sua testata: “le donne in un giornale le vedo in un’unica posizione: orizzontale”.
L’epitaffio è alla tanto sbandierata e mai consumata par conditio con i colleghi maschi, visto che, se non si indossa la cravatta ma il tacco 12, non viene concesso l’onore delle armi del confronto. Viene derubricato a puro scazzo, o al massimo avvenente scazzo.