naufragio Concordia: cola a picco la sicurezza
sabato 14 gennaio 2012
di Claudia Svampa
E’ sempre troppo scontato descrivere una tragedia come annunciata dopo che un fatto drammatico si è compiuto. Ma vedere questa mattina la Costa Concordia abbattuta, inclinata a 80° e immobile nelle acque ferme del mediterraneo, come una balena agonizzante spiaggiata di fronte al Giglio, non può non riportare alla mente mezze frasi, commenti strappati e racconti raccolti nelle sei crociere trascorse a bordo delle navi Costa che proprio di un’inevitabile tragedia parlavano in caso di emergenza in mare.
A fronte di tre morti accertati, 14 feriti e soprattutto 60-70 dispersi, le parole ombrose, dette guardando di sottecchi, da vecchi uomini di mare che ormai, sulle navi Costa erano diventati dinosauri prossimi alla pensione, riaffiorano come premonizioni. “Ma lo vede tutto questo personale fatto di filippini e sudamericani? Ma si chiede che cosa potrebbero fare in caso di emergenza in mare?” sbottò una volta un maître di sala ligure, una vita trascorsa sulle navi, e ormai non più sotto schiaffo dalle schede di valutazione di fine crociera, dove i passeggeri ingnari, segnano il destino lavorativo del personale di bordo.
Ma il maître ligure non fu il solo. Si aggiunse il napoletano, il siculo e altri ancora delle vecchie leve del personale di bordo che in Costa lavoravano da decenni, ad alimentare il coro che una nave non è un hotel, e che col mare non si scherza. La politica di assunzioni a basso costo che la compagnia di navigazione portava avanti da anni a loro non andava proprio giù.
Non solo perchè questo aveva irrimediabilmente svalutato il loro salario e la loro professionalità, ma anche e soprattutto, dicevano perchè “equipaggi non preparati ad affrontare il mare e le sue emergenze, ma formati solo per il servizio in camera o ai tavoli, non sono in grado di gestire panico e emergenza con i passeggeri, e possono creare un pericolo serio nella navigazione in mare”.
Il pericolo che ieri sera si è materializzato negli occhi terrorizzati degli ospiti della Concordia, che si sono sentiti abbandonati, soli, non assistiti, nell’orrore del remake del Titanic, perchè, per quanto preparati, non possono essere solo gli ufficiali a gestire un’evacuazione di massa di un gigante del mare come la Concordia.
La realtà è che da anni ormai Costa Crociere ha cambiato il personale a bordo delle proprie navi a favore di una massiccia politica di assunzione di equipaggi stranieri, provenienti in gran parte da paesi dove il costo del lavoro è più contenuto (Messico, Perù, Ecuador, Filippine, Malesia).
Dipendenti impiegati prevalentemente nella gestione hoteliera (camerieri al piano e addetti alle pulizie delle cabine) e nella ristorazione (camerieri ai tavoli dei ristoranti, al self service, e ai bar) che tuttavia, spesso nella navigazione in mare appaiono smarriti, sofferenti in caso di cattive condizioni del mare, impreparati dunque a gestire se stessi in caso di emergenza e ancor più i passeggeri a bordo.
Il fattore linguistico poi costituisce un’ulteriore problema fra il personale di bordo a diretto contatto con il pubblico e i passeggeri. Ad esclusione del front office, dell’ufficio escursioni e degli ufficiali di bordo, il restante personale ha scarsa familiarità con la lingua italiana, anche se, paradossalmente è proprio italiano il maggior numero di passeggeri che viaggiano con Costa.
E non va meglio con l’inglese, il francese o il tedesco, mentre è quasi esclusivamente lo spagnolo ad essere la lingua veicolare fra dipendenti e passeggeri se si cerca un minimo di comunicazione che vada oltre oltre gli scambi informativi di routine. Come ad esempio potrebbe accadere in caso di emergenza.
L’affondamento della Concordia resterà probabilmente nella storia della compagnia una delle pagine più tragiche e inspiegabili fra gli incidenti in mare, per la dinamica degli eventi.
Le vittime però non saranno solo conseguenza di questo incidente: panico, terrore, caos, paura che generano pericolo nelle fasi dell’evacuazione, e soprattutto la scarsa assistenza, sono responsabilità dirette del personale di navigazione che la compagnia ha ritenuto idoneo anche per queste eventualità e che con ogni probabilità e molte previsioni non lo era affatto.
L’immagine Costa non potrà che rimanere irrimediabilmente scheggiata da questo incredibile incidente: ma ben oltre l’errore umano - laddove dimostrato - di una rotta sbagliata, resterà imperdonabile l’inadeguatezza gestionale dell’evacuazione. La capacità del comandante di trascinare la nave sotto costa e i soccorsi terrestri hanno limitato il bilancio delle vittime, ma cosa sarebbe accaduto ai quasi 4000 passeggeri in caso di incidente a largo? Una strage?
L’illusione di trascorrere una vacanza vivendo su una città galleggiante e in movimento non dovrebbe mai lasciare in secondo piano un rispettoso pensiero verso il mare e le sue bizzarrie. Queste vacanze chiamate crociere, vestite sempre più con gli abiti del villaggio globale, glamour o low-cost a seconda della stagione, del pubblico e della destinazione, invece, sembrano averlo dimenticato, a tutto discapito della prevenzione e della sicurezza dei passeggeri.
La realtà è che da anni ormai Costa Crociere ha cambiato il personale a bordo delle proprie navi a favore di una massiccia politica di assunzione di equipaggi stranieri, provenienti in gran parte da paesi dove il costo del lavoro è più contenuto (Messico, Perù, Ecuador, Filippine, Malesia).