I Parolisi, uomini che mentono troppo
domenica 5 giugno 2011
di Claudia Svampa
Non servono i referti dei Ris o i risultati autoptici sul corpo di Melania Rea, la mamma 29enne uccisa in un boschetto, perché il marito Salvatore Parolisi possa essere giudicato rispetto alle sue provate responsabilità.
Basterebbe un giudice minorile coraggioso e responsabile che valutasse con obiettività - al di la dell’esito del lavoro degli investigatori sull’autore dell’omicidio - che padre potrà essere un uomo che ha saputo solo mentire.
Perché, se è vero che una bimba di un anno e mezzo che ha appena perso la mamma non può che avere un bisogno immenso dell’unico genitore che le resta per crescere, è altrettanto vero che un outlet ambulante di menzogne - quale è stato Parolisi probabilmente per tutta la sua vita matrimoniale, di coppia e non solo - difficilmente potrà essere quel genitore “superstite” in grado di riuscire finanche a compensare l’assenza di una mamma fin dalla più tenera età.
Parolisi non solo ha tradito la sua compagna mentre lei aspettava la loro bambina - atto vile perché rivolto contro una donna in uno stato di fragilità fisica ed emotiva che solo i codardi sanno compiere - non solo l’ha tradita a ripetizione utilizzando l’unico strumento seduttivo a sua disposizione, la posizione professionale (che equivale a pagare una donna ma per un bugiardo cronico, capace di mentire anche a se stesso, può essere letto come atto di conquista) ma ha mentito a chiunque si sia imbattuto sulla sua strada. Familiari, inquirenti, probabilmente colleghi e amici.
Perché Salvatore Parolisi è con evidente chiarezza la scansione dettagliata di una perniciosa categoria maschile troppo spesso sottovalutata: quella degli uomini che mentono troppo. E quel “troppo”, che è decisamente oltre il limite del “molto”, indica uomini talmente pericolosi da essere incapaci di non mentire, in primis a se stessi.
Per questo Parolisi non potrà mai essere in grado di allevare sua figlia. Perché incapace di comprendere il male che è in grado di farsi e di fare a chi ha accanto. Indipendentemente dalle sue eventuali responsabilità nell’omicidio della moglie e che farebbero di lui un uomo ancor peggiore, un bugiardo assassino.
Parolisi ricalca in modo impressionante il profilo da manuale in un trattato di psicologia: il paziente ambizioso e frustrato incapace di essere se stesso con i propri lati positivi (che altri gli riconoscerebbero anche ma lui non sarà mai in grado di vedere o di considerarli tali) e con le proprie debolezze che non accetterà mai, poiché la sua smodata ambizione lo porterà a rincorrere un modello superiore al suo, costruendosi un’identità interiore ed esteriore fatta di falsità e menzogne.
Il paziente Parolisi è colui che investirà tutte le sue energie nella ricerca del successo professionale, non già per passione lavorativa, quanto perché quello sarà l’unico paravento sociale dietro il quale potrà occultare la vera percezione di se stesso: il disprezzo per non essere la persona che sarebbe voluta essere.
E’ il paziente che si costruisce una realtà familiare borghese e apparentemente perfetta: una moglie innamorata, carina e intelligente, in armonia con se stessa e quindi rassicurante, generosa nei sentimenti al punto tale da non accorgersi di essere manipolata. Una moglie con il senso forte della famiglia e una spiccata attitudine alla maternità in senso lato.
Una moglie con la quale farà dei figli con i quali non saprà mai rapportarsi, che amerà nella misura in cui saranno espressione del suo successo e delle sue aspettative (belli, intelligenti, dotati) che, diversamente, non saprebbe mai accettare e allevare. Una moglie che, comunque, tradirà in ogni modo, e su ogni piano, negandolo ogni giorno della sua vita.
La tradirà fisicamente, quando lei realizzerà quel progetto di coppia che è mettere al mondo un figlio insieme. E lui proprio attraverso quel tradimento esprimerà inconsapevolmente il suo sottrarsi da quel progetto d’amore che è un figlio e la sua inadeguatezza rispetto alla responsabilità della paternità.
La tradirà annientando ogni forma di comunicazione gratificante e ogni convergenza emotiva, attraverso la soppressione della verità. Imposterà una vita di piccole menzogne quotidiane, una sorta di palestra d’allenamento che avvelenerà la realtà a poco a poco, giorno dopo giorno, intorpidendo l’istinto del dubbio della partner e facendola scivolare nel senso di colpa del non saper dare fiducia. La accuserà di essere la carnefice della sua buona fede, fingendosi vittima e ribaltando la realtà.
La tradirà ancor più negandole la seduttività femminile che realmente lui non percepirà in quanto non sarà in grado di viverla come oggetto di desiderio e amore (non avendola scelta in base a ciò) ma che mai ammetterà.
Il paziente Parolisi farà sempre vivere la propria donna nel perenne dubbio di non essere sufficientemente attraente, anche se bella, giovane o desiderabile da qualsiasi altro uomo. Cercherà di ingannarla ridimensionandone le aspettative e le verità, quasi “consolando” i sensi di colpa femminili con proclami di moralità sulla sessualità esuberante altrui.
Tenterà di persuaderla che un suo calo di desiderio è solo la momentanea conseguenza di un’armonia non del tutto perfetta nella coppia, è l’effetto indesiderato delle piccole tensioni quotidiane in cui scarseggiano sorrisi e carezze e coccole. Perché lui si definirà, con enfasi e soddisfazione, un uomo ben “diverso” dal banale maschio italico che ha sempre il sesso stampato nel cervello. Lui si considererà un insieme “armonico” anche nei suoi bisogni e non soggetto alle mere e volgari pulsioni delle masse.
La tradirà ferocemente anche in questo perchè, al contrario, lui sarà ben più ostaggio del sesso di quanto possa esserlo un camionista sotto viagra. Ma il suo sarà sempre un sesso malato, vissuto in solitudine con se stesso, con la pornografia ossessiva ed estrema del web, con rapporti mercenari, o, al più, occasionali. Condito una tantum di doverose prestazioni coniugali a sconfessare le lunghissime astinenze.
Un sesso che non sarà mai appagante in tutti i suoi aspetti perché a sostenerlo ci sarà solo il sotterfugio, l’illecito, il bisogno di ferire qualcun altro, mai l’attrazione fisica, la passione o l’amore. E che, con ogni evidenza, non conoscerà mai la libertà sessuale. Un sesso che non avrà nulla di bello, in fondo, neanche per lui, un sesso malato e basta. Pur sapendolo non lo ammetterà mai.
Il paziente Parolisi se irrimediabilmente scoperto nella sua perenne menzogna, continuerà a negare, sempre con più aggressività, violenza e rabbia. E’ un malato che, spostando artificialmente i suoi limiti sempre più, ne ha ormai perso il controllo ed è sprofondato in un baratro di coscienza senza più confini.
Per proteggere quel castello di carta che è la costruzione artificiale del suo io, una volta fermato, distruggerà tutto ciò che fino ad allora ha costruito intorno a se.
Poco cambia, in psicologia, se questa distruzione avverrà “soltanto” nelle sfere emotive e affettive delle persone che nel tempo sono state sacrificate all’interno suo progetto di costruzione artificiale o se, materialmente, si consumerà nell’eliminazione fisica delle vittime che non accetteranno più il suo inganno. La differenza la farà il codice penale e la criminologia.
Tuttavia non vi è dubbio che, anche in assenza di violenza fisica fino all’estreme conseguenze, il paziente Parolisi sia espressione evidente di inadeguatezza totale a svolgere il ruolo più delicato, amorevole e sincero che un uomo sia chiamato a ricoprire nella vita: quello di padre.
Salvatore Parolisi è con evidente chiarezza la scansione dettagliata di una perniciosa categoria maschile troppo spesso sottovalutata: quella degli uomini che mentono troppo