Razzisti a chi ?
sabato 17 dicembre 2011
di Claudia Svampa
I risultati dell’indagine annuale Transatlantic Trends: Immigration 2011 presentati il 15 dicembre nell'auletta dei gruppi parlamentari della Camera del Deputati a Roma, sono stati occasione pre natalizia per impantanarsi nella lettura politica del tema migratorio che, cavalcando l'onda di una tanto inverosimile quanto dilagante intolleranza razzista verso gli immigrati stranieri, ha strumentalizzato i risultati della ricerca - di per se autorevole - al fine di propinare il teorema lessicale di un odio razziale inesistente e confezionato come strenna natalizia quale eredità del precedente governo Berlusconi.
Ma ascoltare Livia Turco (PD), Laura Boldrini (UNHCR) e Giampiero Gramaglia (ex direttore Ansa) - nel ruolo del moderatore del panel - riscrivere la storia delle migrazioni con l'impianto narrativo del bene che viene da lontano e del male che cresce in noi, - grazie all’eredità politica fomentatrice e xenofoba del precedente governo - resta indigesto anche in epoca di calendari dell'avvento e di Christmas carols.
In sintesi la tesi è stata la seguente: c'è un popolo di cittadini del mondo - i migranti per l'appunto - fatto di sole persone per bene, e che viene da lontano. Gente generosa, sognatrice, pacifica, cui è stata inflitta la sofferenza della fame, della sete, della violenza, delle guerre e delle malattie dal resto del mondo capitalistico del quale l'Italia fa fieramente parte con quote azionarie oscillanti. Maggiori naturalmente quando a governarla non è la sinistra, ça va sans dire.
Dall'altra parte c'è il male oscuro, il prodotto razzista “inquinato da un malgoverno” che siamo diventati per l’appunto noi italiani. Una nazione di 60 milioni di abitanti che, non a causa di una forte crisi economica che sta inghiottendo aspettative dei giovani e realtà di meno giovani, non a causa di una crescita migratoria in costante aumento negli anni, non a causa di una sperimentata pericolosità sociale all’interno della fascia migratoria degli irregolari, ha dovuto a proprie spese trasformare solidarietà in diffidenza, no: lo ha fatto solo perché ha introiettato razzismo e xenofobia verso i cittadini del mondo, i neri, i musulmani, i romeni.
Il sospetto che si sia messo in atto un gioco politico di lotteria di fine anno, con il costo del biglietto tarato sul possibile voto degli immigrati, tanto voluto dal PD con la speranza che possa diventare il cavallo di troia delle prossime elezioni, ovviamente farebbe di noi dei cinici malpensanti, associati ai ben noti razzisti.
Ma chi razzista non è (Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale della Caritas) ha potuto veicolare durante il dibattito, la surreale menzogna della cultura dell'integralismo cattolico quale movente della strage di Utoya in Norvegia, dove il killer Anders Behring Breivik, sterminò 77 giovani del partito laburista riuniti per un convegno. Integralismo cattolico, quindi, non mente criminale.
Breivik è invece per la scienza un paranoico-schizofrenico, giacchè questa è stata la diagnosi degli psichatri norvegesi che, a seguito di una serie di esami ai quali lo hanno sottoposto, l’hanno dichiarato incapace d’intendere e di volere. E non uno xenofobo votato alla causa integralista cristiana come si vorrebbe far credere.
Siamo arrivati a diffondere e accreditare l’inconsistente ricostruzione che Gianluca Casseri, il killer di Firenze che ha ucciso due senegalesi a bruciapelo al mercato, abbia agito perchè xenofobo, nazista, ultranzionalista, fascista. Non esiste alcuna evidenza di ciò, se non vogliamo considerare indizio unicamente il colore della pelle delle vittime e i suoi interessi letterari, considerandoli il movente.
A oggi di Casseri si sa che simpatizzava per l’estrema destra ma non era un militante. Era un ragioniere, colto, mite e riservato. Sappiamo che aveva partecipato a riunioni dell’associazione Casa Pound di Pistoia intervenendo in dibattiti sul tema dei fumetti di Tex e Tin Tin dei quali era un grande appassionato e collezionista.
Si sa che amava la fantascienza, era un cultore di Ezra Pound e Adriano Romualdi (padri dell’estremismo di destra) e che aveva scritto un libro fantasy con Enrico Rulli (scrittore di sinistra). Lo stesso Rulli, suo amico da molti anni che, scarsamente ascoltato perchè antitetico alla teoria dello sterminio xenofobo ha provato a spiegare: “conosco Gianluca Casseri da molto tempo, una persona che prima una grave malattia e poi la depressione hanno spinto in un mondo autoreferente e nella solitudine. Il Gianluca che ricordo chiamava imbecilli chi discrimina gli altri sulla base del colore della pelle”.
Di Gianluca Casseri oggi sappiamo, con certezza, che era in cura per la depressione e per una grave forma di diabete. Nulla derubrica la sua carneficina, neanche la depressione sfociata in pazzia, ma di certo non possiamo affermare che avrebbe ucciso due ambulanti senegalesi per razzismo, a meno di non voler essere noi i veri razzisti. Non possiamo accreditare moventi desumendoli dalla propaganda politica del sindaco Matteo Renzi e della stampa di sinistra che accusa gli italiani di razzismo, allargando poi l’accusa a tutti i media nazionali.
Altra leggenda del dibattito politico questa che confonde l’approssimazione e l’inesattezza che spesso contraddistinguono un’informazione frettolosa con il razzismo e la xenofobia. Un cinico razzismo lo sta invece veicolando quella classe politica di sinistra che considera gli italiani al pari di un gregge di pecore, incapaci di distinguere il vero dal falso, anche quando si tratta di una macro bufala come la costruzione architettonica di un razzismo nazionale che gli immigrati stanno immediatamente cavalcando.
E’ razzista contro i fiorentini e contro l’intero paese la politica del sindaco, Matteo Renzi, che evidentemente considera i cittadini senegalesi immuni dal rispetto della legislazione italiana giacché consente loro di radunarsi nel centro cittadino per una manifestazione non autorizzata.
E’ razzista incitare 250 senegalesi, già evidentemente provati dal lutto della propria comunità, a sentirsi vittime di un odio razziale inesistente e fomentarli con il risultato di indurli ad insultare gli italiani come un popolo " di stronzi che non hanno voglia di fare un cazzo".
È razzismo verso i fiorentini imporgli gli sputi, i danni e le parolacce nel corteo del centro storico di una delle città più belle d’Italia, grazie a una manifestazione non autorizzata che per cordoglio e lutto non viene vietata.
Quando una ragazza rom uccide con un'ombrellata nell'occhio una ragazza italiana non c'è cordoglio, non c’è lutto cittadino, non c’è manifestazione non autorizzata?
Quando un ragazzo italiano uccide nella stazione della metro con un cazzotto in faccia una ragazza romena non c'è cordoglio, non c’è lutto cittadino, non c’è manifestazione non autorizzata?
Quando una famiglia italiana viene sterminata da un automobilista italiano non c'è cordoglio non c’è lutto cittadino, non c’è manifestazione non autorizzata?
Quando ragazze musulmane cresciute in Italia vengono sgozzate dai loro padri musulmani non c'è cordoglio, non c’è lutto cittadino, non c’è manifestazione non autorizzata?
Ma che razzismo è questo, sindaco Renzi, che si misura con il pantone della differenza cromatica fra i bianchi e i neri? E chi è razzista, il sindaco fanciullo che cavalca l’onda politica della solidarietà al dramma di due omicidi o gli italiani che dalla fanciullezza sono dovuti uscirne a proprie spese?
Anche Laura Boldrini crede troppo nell'illusione delle parole e poco nel potere della cultura, ammesso che questa credenza sia figlia della conoscenza e non della propaganda.
Sbaglia quando dice che quella che noi chiamavamo primavera araba per loro era rivoluzione che con le nostre errate definizioni giornalistiche finiamo per svilire le loro azioni.
Sbaglia perché si tratta di due eventi diversi. Uno che riguarda la territorialità degli stati: dalla rivoluzione tunisina (o dei gelsomini come gli stessi manifestanti, a favore di un’eufonia mediatica hanno iniziato a definirla) alla rivoluzione egiziana, alla rivoluzione libica.
L’altra, la primavera araba (cui dopo l’estate e i risultati delle urne delle prime elezioni libere è seguito l’autunno arabo) è stato un evento socio culturale su scala mediorientale, di portata collettiva e che è nato con il richiamo al risveglio stagionale, alla rinascita dei diritti e dei valori del popolo, ovvero alla primavera araba.
Se la Boldrini avesse prestato ascolto e credito a quella moltitudine di analisti e militanti mediorientali che sui blogs arabi, anglofoni e francofoni a quella primavera araba avevano creduto con l'anima, l'avevano afferrata con le unghie e con i denti, avevano pianto, sofferto, rischiato e poi si erano fieramente abbracciati intorno a quella loro nuova stagione, imparerebbe a non demolirgliela come un prodotto nato nelle scalcinate redazioni italiane di pennivendoli a bottega presso le testate, cui la carta di Roma dovrebbe "insegnare" la terminologia adatta per parlare di immigrati.
Se la Boldrini non fingesse di ignorare il risiko americano, cercando di intortare coloro che dell'immigrazione non hanno, legittimamente fatto materia di studio - ma non per questo meritano di essere indottrinati nell'ideologia anziché informati - racconterebbe la vera storia della rivoluzione dei gelsomini.
Racconterebbe che si, esattamente un anno fa a Sidi Bouzid Mohamed Bouazizi si è dato fuoco, in piedi, sul suo carretto da ambulante, che è una storia struggente, che è una storia grondante di ingiustizia sociale, che è una storia di dignità perdute, per carità.
Ma forse Laura Boldrini ritiene che nel ventitreennio di presidenza Ben Ali queste drammatiche storie di ingiustizie sociali non erano per caso all'ordine del giorno?
Ritiene che il popolo tunisino, e siriano, e libico, e il mondo arabo in senso lato si siano svegliati una mattina di dicembre 2010 e abbiano deciso di fare una rivoluzione grazie ai blogs, a twitter e a facebook?
Ritiene che milioni di persone - quanti ne occorrono per fare una rivoluzione - che spesso non hanno neanche l'acqua corrente o l'elettricità in casa, abbiano invece iPhone e Blackberry per riprendere montare e twittare foto e video, o l'alta velocità della connessione internet in casa per mettere in rete e aggiornare i blogs, magari collegandosi ad un ID estero per aggirare la censura sulle reti locali, con costi di connessione internazionale spropositati ?
Chi ancora propaganda le rivoluzioni del medio oriente come il risultato di una gioventù araba stile “sex and the city” in chador, fra iPad, iPhone, tweets e post, ha mai ascoltato il discorso di Barak Obama del 2009 in Egitto all'università del Cairo quando il presidente americano ha dato le linee guida di come sarebbe cambiato lo scacchiere medio orientale di lì agli anni a venire?
Ecco che allora, è più credibile che il suicidio drammatico di Mohamed Bouazizi sia divenuto il detonatore per aizzare le folle, ma solo perché Washington aveva ormai deciso che le folle potevano essere aizzate. Che Zine el Abidine Ben Ali non andava più protetto, e soprattutto che gli eserciti guidati dai generali di corpo d'armata tunisini, egiziani, siriani, marocchini o giordani che fossero potevano uscire allo scoperto (o intervenire per mantenere l’ordine pubblico nella versione più soft) rispondendo all'unico governo centralizzato dei paesi filo americani che ha sede alla Casa Bianca ed è sovrastato da una nota bandiera a stelle e strisce.
La stessa bandiera che sventola secondo i flussi del capitalismo dei consumi energetici, delle oligarchie economiche dei poteri imperialisti delle lobbies bancarie e che decide non soltanto quando le micce umane come Mohamed Bouazizi possano essere sufficientemente infiammabili da essere utilizzate come detonatori per far esplodere le primavere arabe. Ma anche come e quando le piattaforme geopolitiche europee devono prendere in mano il pallottoliere e far quadrare i conti di quella moneta che hanno in dotazione, l'euro, che non può permettersi nessuna impennata maggiore di uno starnuto sull'unica moneta mondiale che si chiama dollaro.
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